Scrittore, Storico e Cicloturista, nel 1897 dopo aver affrontato, non
senza difficoltà, le strade appenniniche tra Emilia ed Toscana scrisse:
“Il
piacere della bicicletta è quello stesso della libertà, forse
meglio di una liberazione andarsene ovunque, ad ogni momento,
arrestandosi alla prima velleità di capriccio, senza preoccupazioni
come per un cavallo. La
bicicletta siamo ancora noi, che vinciamo lo spazio e il tempo;
stiamo in bilico e quindi nella indecisione di un giuoco colla
tranquilla sicurezza di vincere; siamo soli senza nemmeno il contatto
colla terra, che le nostre ruote sfiorano appena, quasi in balia del
vento, contro il quale lottiamo come un uccello. Non è il viaggio o
la sua economia nel compierlo che ci soddisfa, ma la facoltà appunto
di interromperlo o mutarlo, quella poesia istintiva di una
improvvisazione spensierata, mentre una forza orgogliosa ci gonfia il
cuore di sentirci così liberi. Domani
la carrozzella automobile ci permetterà viaggi più rapidi e più
lunghi, ma non saremo più nè così liberi nè così soli:
la carrozzella non potrà identificarsi con noi come la bicicletta,
non saranno le nostre gambe che muovono gli stantuffi, non sarà il
nostro soffio che la spinge nelle salite. Seduti come in un
treno non ci tornerà più l’illusione di essere giovani, correndo
con l’impeto stesso della giovinezza; ma la nuova macchina
c’imporrà le preoccupazioni dei propri guasti non riparabili al
momento, c’impedirà
di sognare, perché, non potremo più guidarla istintivamente, e ci
darà il doloroso del limite, appunto perché separata da noi,
sospinta da una forza che non può fondersi con la nostra“.
2 commenti:
Bellissima, forse e' quello che ho sempre cercato leggendola l'ho sentita sulla pelle, poesia vera.
anonimo chi sei?
Posta un commento