ABBIAMO FATTO UNA COSA ASSURDA...


Venerdì 26 febbraio l’alpinista italiano Simone Moro, quello basco Alex Txikon e quello pachistano Ali Sadpara hanno realizzato la prima ascensione in inverno del Nanga Parbat, uno dei quattordici “ottomila” della Terra: la vetta scalata dai tre alpinisti è alta 8126 metri e si trova in Pakistan. L’alpinista italiana Tamara Lunger, che faceva parte della spedizione, si è fermata poco sotto la cima del Nanga Parbat. Era il penultimo ottomila rimasto a non essere mai stato salito in inverno, insieme al K2, la seconda montagna più alta della Terra: quella di Moro, Txikon e Sadpara è considerata quindi una salita importantissima per la storia dell’alpinismo in Himalaya. Salire un ottomila in inverno è molto più difficile e pericoloso che farlo nel periodo in cui tradizionalmente si organizzano le spedizioni in Himalaya, cioè in primavera o in autunno. Dopo aver raggiunto la cima del Nanga Parbat, Moro, Rxikon, Sadpara e Lunger hanno passato la notte al quarto campo allestito per la salita, a una quota di 7200 metri.




Finora la salita invernale del Nanga Parbat era stata tentata 31 volte, 12 sul versante sud-est, dalla cosiddetta parete Rupal, e 19 da quella nord-ovest, conosciuta come Diamir. Per Simone Moro, che è di Bergamo ed è l’alpinista himalayano italiano in attività più forte e conosciuto internazionalmente, era il terzo tentativo. Moro aveva già salito per la prima volta in inverno altre tre montagne più alte di ottomila metri: nel 2005 aveva salito lo Shisha Pangma, nel 2009 il Makalu e nel 2011 il Gasherbrum II. Moro, Txikon, Lunger e Sadpara avevano lasciato il campo base il 22 febbraio, e hanno salito il Nanga Parbat percorrendo la via Kinshofer, aperta nel 1962 sulla parete Diamir dal tedesco Toni Kinshofer e oggi considerata la via “normale” per la salita.

Il Nanga Parbat si trova in Pakistan, vicino al confine con la Cina, e appartiene alla catena montuosa dell’Himalaya, nonostante si trovi alla sua estremità occidentale molto lontano dall’Everest e dal K2. Fu salito per la prima volta nel 1953 dal grande alpinista austriaco Hermann Buhl, che raggiunse la cima della montagna da solo dopo che i suoi compagni erano tornati indietro, in una delle imprese più famose della storia dell’alpinismo himalayano. Il Nanga Parbat è considerato uno degli ottomila più difficili e pericolosi: nel 1970, in un’altra spedizione molto famosa e discussa, morì Günther Messner, fratello del famosissimo alpinista Reynold Messner, mentre i due cercavano di scendere il versante nord-ovest, conosciuto come Diamir. A lungo la versione data da Reynold Messner dell’incidente fu messa in discussione, e l’alpinista fu accusato di aver abbandonato il fratello: nel 2005 fu ritrovato il cadavere di Günther Messner, proprio dove per anni il fratello aveva sostenuto si trovasse, confermando la sua ricostruzione.

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